Buono non significa sano: quando l’appetibilità inganna
Quante volte, osservando il nostro animale mentre mangia con entusiasmo, abbiamo pensato: “Se gli piace così tanto, allora è il cibo giusto!”.
In realtà, non sempre ciò che è appetibile coincide con ciò che è sano e nutriente. Questo vale tanto per noi umani quanto per i nostri amici a quattro zampe.
Per cui sì, “buono” non significa sempre “sano”.
L’inganno dell’appetibilità
L’appetibilità di un alimento è il risultato di odori, sapori e consistenze studiate per stimolare il desiderio di mangiare. Nell’industria del pet food, per esempio, vengono utilizzati appetizzanti naturali o artificiali per rendere i croccantini o gli snack irresistibili.
Ma attenzione: un gusto gradito non è automaticamente sinonimo di equilibrio nutrizionale. Un biscotto dolce è “buono” per noi, ma non rappresenta certo un alimento sano da consumare ogni giorno; allo stesso modo, una pappa che fa impazzire il cane o il gatto non è automaticamente la più adatta alla sua salute.

Il rischio degli alimenti “troppo buoni”
Un animale che si abitua a cibi altamente appetibili può:
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Rifiutare altri alimenti più salutari, sviluppando una sorta di “capriccio alimentare”;
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Consumare nutrienti squilibrati, con conseguenze sul peso, sulla digestione e sul benessere generale;
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Andare incontro a patologie croniche, come obesità, diabete, disturbi renali o intestinali, se la dieta non è bilanciata sul lungo periodo.
Un alimento altamente appetibile può infatti contenere eccessi di grassi o carboidrati semplici, con rischio di squilibri metabolici.
Il gusto immediato può ingannare. Un esempio evidente è l’obesità: molti animali in sovrappeso consumano con avidità alimenti ad alta densità calorica ma poveri di nutrienti funzionali.
Allo stesso modo alcuni snack industriali, pur essendo irresistibili, apportano zuccheri o additivi che non hanno alcuna funzione benefica.
Nei soggetti con patologie (insufficienza renale, diabete, allergie), un alimento “gradito” ma non formulato specificatamente, può aggravare il quadro clinico.

Buono e sano: è possibile?
Sì, ma serve attenzione. Un’alimentazione equilibrata deve unire due elementi:
Piacere – perché il cibo è anche esperienza sensoriale;
Salute – perché il cibo deve sostenere l’organismo e non danneggiarlo.
La chiave è scegliere alimenti adatti alla specie, all’età, allo stato di salute e bilanciati nei nutrienti, con una qualità delle materie prime che garantisca non solo appetibilità ma anche valore biologico.
L’importanza della valutazione nutrizionale
La salute dell’animale dipende dalla composizione biochimica della dieta:
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Bilancio energetico (calorie introdotte vs fabbisogno reale);
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Adeguata quota proteica di origine e valore biologico adatto alla specie;
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Rapporto calcio/fosforo, essenziale per l’equilibrio scheletrico;
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Profilo lipidico, che deve garantire acidi grassi essenziali senza eccedere in grassi saturi;
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Vitamine e minerali in quantità tali da prevenire carenze o sovradosaggi.
Questi parametri non sono percepibili dal proprietario: un animale che mangia con entusiasmo non offre alcuna indicazione sull’equilibrio nutrizionale di ciò che ingerisce.
Per questo è fondamentale informarsi e farsi guidare nella scelta dell’alimento corretto da un professionista in nutrizione.

Il ruolo del proprietario consapevole
Come custodi della salute dei nostri animali, spetta a noi discernere tra ciò che li fa “felici sul momento” e ciò che davvero li sostiene nel tempo. Un piccolo premio appetitoso va bene, purché inserito in un quadro nutrizionale equilibrato. L’importante è non confondere il piacere immediato con la salute a lungo termine.
Lo stesso vale quando ci troviamo davanti agli scaffali dei pet shops e dobbiamo scegliere il cibo per il nostro cane o gatto.

Come leggere le etichette: alcuni consigli pratici per non farsi ingannare dal marketing
Per orientarsi meglio tra le scelte commerciali, il proprietario può imparare a leggere con spirito critico le etichette:
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Ingredienti in ordine decrescente di peso: i primi della lista sono i più presenti. Se cereali o sottoprodotti compaiono ai primi posti, la quota proteica di origine animale potrebbe essere ridotta a favore di quella vegetale;
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Chiarezza della fonte proteica: prediligi scritte chiare come “pollo disidratato” o “salmone fresco” rispetto a diciture generiche come “carne e derivati”. Di quale carne si tratta? Da quale animale arriva? Si tratta di muscoli, organi o scarti? Scegli sempre ciò che è chiaro e ben specificato;
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Additivi e appetizzanti: aromi e grassi animali spruzzati in superficie sul cibo secco aumentano l’appetibilità, ma non necessariamente la qualità nutrizionale;
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Valori analitici: controllare proteine grezze, grassi, fibra e ceneri può dare un’indicazione preliminare sull’equilibrio della dieta, anche se non sostituisce una valutazione professionale;
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Dichiarazioni nutrizionali: alimenti definiti “completi” devono rispettare i fabbisogni minimi stabiliti da linee guida internazionali (es. FEDIAF).
Il ruolo del veterinario e del nutrizionista
La valutazione della dieta deve basarsi su analisi nutrizionali, anamnesi clinica e stato fisiologico del soggetto (crescita, mantenimento, gravidanza, malattia).
Solo un professionista può distinguere tra alimenti appetibili ma inadeguati e piani alimentari realmente funzionali al benessere a lungo termine.
Conclusioni
Appetibilità e salute non sono sinonimi. Se da un lato un buon grado di palatabilità è necessario per garantire che l’animale assuma l’alimento, dall’altro è fondamentale non confondere il piacere immediato con la qualità nutrizionale. Una dieta correttamente bilanciata deve essere gradita, ma soprattutto adeguata, per prevenire squilibri e sostenere la salute nel tempo.
Quindi “buono” non significa necessariamente “sano”. Il compito di chi ama il proprio animale è andare oltre l’apparenza del gusto e scegliere ciò che nutre davvero. Solo così il piacere di oggi non diventa il problema di domani.
Chiedi una consulenza nutrizionale al tuo veterinario per strutturare un piano alimentare adeguato per il tuo cane e per il tuo gatto.
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